Descrizione
La terra di San Cataldo era anticamente chiamata Casale Chaliruni (termine greco che significa “Scorro bellamente” per la presenza del vicino fiume Salito che l’attraversava). Fin da tempo antichissimo questo territorio rientrava nella comarca di Calascibetta.Successivamente aggregato alla provincia e alla diocesi di Girgenti.
Dopo che i normanni cacciarono gli arabi il feudo divenne proprietà dei Barresi. Nell’anno 1300, in seguito alla ribellione di Giovanni Barresi. questo casale fu devoluto alla corte e da Federico III re di Trinacria, con R.D. emesso in Castrogiovanni il 9 agosto 1300 fu concesso a Bernardo de Siniscalco.
In seguito, il casale assunse la denominazione di Baronia di Fiume salato dal fiume omonimo. baronia che venne suddivisa in nove feudi (Pirato. Barboraso, Marcato Vallone. Mustigarufi. Palo. Ciuccafa, Caliruni oggi Quartaruni, Dragaito. Mandra di Mezzo) e nove terre comuni (Liquatri, Beata. Achille Caruso, Morillo, Sirocco, Vassallaggi, Santuzza. Mariggi, Antonino Pignato).
Essa subì diversi passaggi e, alla fine. ne fu investito, il 5 luglio 1496, Antonio Salomone il quale la donò alla figlia Violanta de Jaen e Salomone che la portò in dote al marito Nicolò Lancellotto Galletti per atto del 24 aprile 1549. Sulle rovine dell’antico Casale di Caliruni sorse il Comune di San Cataldo all’inizio del sec. XVII. Il 18 luglio 1607 Nicolò Galletti chiese a Filippo Il. re di Sicilia, il “Jus populandi et aedificandi dictam Baroniam olim nominatam Casale Caliruni, in quo sunt et apparent fabricatae multe domus et in eis habitationem habere…”. Il permesso fu accordato “sub conditione” dal viceré cap. generale Marquez. il quale si impegnava di fare ottenere, entro due anni, ai Galletti il consenso del Re che, però. non giunse entro il termine fissato, giacché la conferma la ottenne, dopo ulteriore richiesta il figlio di Nicolò. Vincenzo, nel 1621 da Filippo III. Nella “licentia aedificandi Baroniam fluminis Salsi in personam Nicolai Galletti” viene tra l’altro espressamente dichiarato: “quam volumus appellare Santo Cataldo. Il sovrano nel disporre l’assegnazione del nome “Santo Cataldo” al nascente comune dovette tener presente il suggerimento del vescovo di Agrigento. Noi aggiungiamo che occorre tener presente due dati che non furono sufficientemente approfonditi dai due storiografi locali avv. Giuseppe Amico-Medico e prof. Cataldo Urso non per pigrizia, ma per la caotica situazione degli archivi istituzionali: A- dalla fondazione del Comune sino al 1817 San Cataldo fece parte della provincia di Girgenti; b) dalla fondazione del Comune sino al 1844/45 la locale comunità ecclesiastica dipendeva dalla diocesi di Girgenti e ciò in seguito alla istituzione avvenuta nel 1093 di detta diocesi per diploma del Gran Conte Ruggero il quale nominò vescovo San Gerlando e la dotò delle decime di un vasto territorio che si estendeva sino al fiume Salsa e della proprietà di un terreno citato nel predetto diploma col nome di “Cathal” che sorgeva in località “citra Salsum>_; da ciò nasce l’ipotesi tutt’ altro che infondata che il nome di San Cataldo si riferisca alla proprietà della diocesi pervenuta attraverso vari passaggi agli stessi Barresi. Tale nome fu dato al paese in onore del santo vescovo di Taranto di origine irlandese, come di origine irlandese era Santa Fara. È sintomatica il fatto che ove esiste il culto di San Cataldo si pratica il culto di Santa Fara, prima superiora di un’abazia fondata da San Colombano, compagno di San Gallo, irlandesi anch’essi. Ottenuta la conferma di popolare la baronia (1621), Vincenzo Galletti, con l’atto del 28 giugno 1621, confermato in data 6 settembre dello stesso anno, comperava da “potere della Regia Corte”, per 600 onze, il “mero e misto impero” nella baronia di Fiume salato e sulla terra di San Cataldo e, in seguito, per concessione del 6 ottobre 1627, otteneva il titolo di Marchese di San Cataldo. Più tardi il nipote, anche lui di nome Vincenzo, veniva insignito del titolo di “Principe di Fiume salato” nel 1672.
Con l’inizio del secolo XIX e precisamente con la caduta del feudalesimo il Comune entra in un periodo di transizione che finisce con l’emanciparsi quasi completamente dal sistema feudale (Costituzione 1812). Nel 1818, per legge dell’anno precedente, il Comune di San Cataldo prese a far parte della Provincia e Distretto
di Caltanissetta. Successivamente venne assegnato alla Diocesi qui eretta (1844/45) Con la caduta di Napoleone. Ferdinando di Borbone potè riavere Napoli, togliendo alla Sicilia le istituzioni liberali che aveva accordato con la Costituzione del 1812, rendendola schiava di Napoli. I siciliani mal sopportavano questa fusione dei due regni di Napoli e Sicilia. sanzionata con legge del Regno delle due Sicilie l’8 dicembre 1816. Il 2 luglio 1820 i Carbonari napoletani insorsero, costringendo il Re a ripristinare la Costituzione. La rivoluzione di Napoli incitò alla rivolta il popolo di Palermo al quale si unì quello di San Cataldo stanco di sopportare i soprusi e le angherie da parte delle autorità borboniche. Gli abitanti di Caltanissetta invece, per dimostrazione di fedeltà ai Borboni e per non perdere i privilegi ottenuti, non aderirono ai moti popolari. La Giunta rivoluzionaria di Palermo istitui sette guerriglie dirette ai capoluoghi delle provincie per ottenere la loro adesione ai moti popolari. A capo della guerriglia composta da 800 uomini di estrazione sociale eterogenea. reclutati a Bagheria. Villalba e pochi a San Cataldo e destinata a Caltanissetta, fu nominato il principe Salvatore Galletti. il quale pose il suo quartiere generale a San Cataldo, presso il convento dei Cappuccini. Giunto a San Cataldo, il Galletti. con lettera del 2 agosto 1820. invitò il Gallego, intendente di Caltanissetta, ad aderire alla rivoluzione e a declinare ogni impresa contraria al governo provvisorio della libertà nazionale, impegnandosi a mantenere integro il capoluogo di provincia. Ma ogni sforzo risultò vano, perché il Galletti fu considerato come nemico e, invece di venire a trattative con lui, gli si dichiararono ostili. Il principe, in seguito a ciò, intimò la resa formale alla città, alla quale i nisseni risposero con le armi, occupando monte Babaurra e tentando di uccidere il principe per portarne in trionfo la testa. Non riuscendo nel loro intento, uccisero proditoriamente un cittadino (tale Cipolla, gonfaloniere del Principe) e incendiarono il palazzo Galletti. L’indomani. 11 agosto, i cittadini di San Cataldo e la guerriglia attaccarono monte Babaurra e riuscirono, dopo una lotta accanita e disperata, a riconquistare la posizione costringendo i nisseni alla fuga. Questi, abbandonati dal Gallego che era fuggito con i soldati napoletani del presidio, prevedendo le conseguenze di una grave sconfitta, mandarono a San Cataldo, la mattina del 13 agosto, il frate domenicano Anzalone, quale ambasciatore di pace. Mentre le trattative erano in corso, un nucleo di 400 nisseni assali l’avanguardia del monte Babaurra. Il Galletti inviò le sue truppe agli ordini del maggiore Palmieri e del tenente colonnello Orlando i quali, dopo aver ripreso la posizione perduta, marciarono su Caltanissetta occupando le alture del monte San Giuliano, della collina di S. Flavia e del monte Tre Croci. Alle ore 22 si iniziò il bombardamento della città. Non trovando alcuna resistenza, le guerriglie, inferocite per il tradimento, commisero azioni violente disonorando cosi il merito della vittoria. Una tradizione molto attendibile, ci riferisce che il popolo di San Cataldo non partecipò a quegli eccessi ma, appena fu presa la città dalle truppe, si ritirò nel proprio paese, soddisfatto di una cosa sola, di aver cioè imposto la volontà del governo rivoluzionario ad una città che si mostrava ribelle alla causa nazionale. Le rappresaglie nissene però, non tardarono: per cinque sabati consecutivi (rimasti nel ricordo dei sancataldesi
come i sabati dell’irruenza), protette dalla compiacente inazione dell’intendente borbonico reinsediatosi nel capoluogo, orde facinorose e vandaliche calavano nella nostra città e si abbandonavano ad ogni eccesso di violenza e di atrocità, sfogando sui miti sancataldesi i gravi torti subiti da parte di quel nucleo di criminali che avevano fatto parte della guerriglia del Galletti. Dopo queste cinque incursioni, le autorità civili di Caltanissetta e di San Cataldo, in un incontro avvenuto presso il convento dei Cappuccini. posero fine alle ostilità, ripristinando i rapporti tradizionali di cordialità che per secoli erano esistiti fra le due Comunità. Il 29 gennaio 1848 il Comitato comunale di liberazione di San Cataldo inviò al Comitato Nazionale di Palermo un entusiastico indirizzo di adesione alla rivoluzione scoppiata il 12 gennaio 1848. Più tardi, anche il comitato centrale di difesa per la valle di Caltanissetta, aderì al movimento di riscossa nazionale dichiarando, tra l’altro, testualmente: “Tardava alla popolazione di Caltanissetta l’occasione di poter lavare una macchia che, 28 anni or sono, procurò stampare sul suo nome onorato la sola volontà degli impiegati del governo, numerosi ed importati allora dalla recente organizzazione provinciale. Essa la coglie nel 1848 e si pronunzia caldamente come già nel 1812 per la Patria, per la Libertà, per la Santa Causa Siciliana”. Verso la metà del 1860 tredici sancataldesi guidati dall’eroico capitano Francesco Lunetta andarono ad ingrossare le file dei picciotti garibaldini che avevano già risposto all’appello dell’eroe. L’8 agosto 1862 Garibaldi insieme a Fra’ Pantaleo e Alessandro Dumas (padre) furono ospitati dal barone Alù nel suo palazzo sito in via Garibaldi, oggi di proprietà della Compagnia di S. Angela Merici. Con il R.D. 18 settembre 1865 il Comune di San Cataldo venne elevato al rango di Città in riconoscimento delle sue benemerenze contro l’oppressione borbonica. Il 28 luglio 1914 l’Austria dichiara guerra alla Serbia per l’assassinio dell’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando avvenuto il 28 giugno 1914, per mano di un terrorista serbo. Questo atto mise in movimento il tragico meccanismo delle alleanze militari: accanto all’Austria entrarono in campo la Germania, la Bulgaria e la Turchia; mentre con la Serbia si schierarono la Russia, la Francia, l’Inghilterra, Montenegro, il Belgio e il Giappone. Più tardi (24-5-1915) l’Italia si schiera a favore di quest’ultima alleanza. San Cataldo rispose generosamente all’appello del Governo Nazionale. Accorsero entusiasticamente i giovani di prima leva e i richiamati per i servizi ausiliari.Era convinzione generale che il conflitto si sarebbe risolto entro il Natale di quell’anno, ma purtroppo esso si estese con l’intervento di altre potenze (America e Romania) e divenne un vero massacro perché si combatteva da due opposte trincee distanti talvolta pochi metri l’una dall’altra e, quando il Comando impartiva l’ordine dell’assalto, si combatteva selvaggiamente corpo a corpo. In quei 41 mesi di guerra i nostri con cittadini si comportarono da autentici patrioti. I caduti furono 280. numerosi i feriti molti dei quali rimasero invalidi. Il monumento eretto nel 1925. inaugurato alla presenza del Duca di Pistoia e di molti Parlamentari e di autorità civili e religiose, era un doveroso omaggio non solo ai caduti della grande guerra mondiale, ma anche ai caduti di tutte le guerre anteriori e a quelle che fatalmente si verificarono nel secondo venticinquennio del secolo; fra queste ricordiamo la guerra di Spagna (1938). quella per la conquista dell’Albania (194t)) e il secondo conflitto mondiale che scoppiò il 3 settembre 1939 e che per l’Italia meridionale si concluse con l’armistizio dell’8 settembre 1943. mentre nel resto dell’Italia continuò fino al 1945. Archeologia. A 4 Km. a Nord di San Cataldo. in contrada Vassallaggi. sono i resti di un’antica città. Posta sulla grande via che univa Agrigento a Enna, essa sorse in età protostorica quale centro indigeno. I primi abitanti di Vassallaggi sono da ritenersi Sicani della prima età del bronzo caratterizzata dalla ceramica rossa a motivi geometrici e dalle tombe “a forno Con l’arrivo dei Siculi, popolo di origine indoeuropea, le colline di Vassallaggi furono abbandonate. Tracce di vita si ritrovano ancora nell’età del ferro: sono stati rinvenuti infatti strati con ceramica dipinta “a flabelli” e un modellino di capanna in terracotta di quel periodo.
Nei secoli VI e V a. C. avvenne l’ellenizzazione di gran parte della Sicilia. compreso il territorio di Vassallaggi. Ebbe notevole sviluppo edilizio nella seconda metà del sec. V a. C. quando rinnovò la sua cerchia muraria e trasformò totalmente l’assetto urbanistico. È questo regolare. con vie ortogonali e con abitazioni di tipo greco
comprese tra “insulae”. A questo periodo risale la ricca necropoli con tombe a fosse di tipo greco corredate da crateri a figure rosse, strigili di bronzo, coltelli chirurgici, lance di ferro e boccettine di profumo in un solo caso di pasta vitrea, ora custodite nella sala dedicata a Vassallaggi nel Museo di Agrigento e di Gela.
Da riportare a questo periodo è pure un bel sarcofago in ceramica bianca con pareti sottili, sagomature al labbro e al piede, delle dimensioni di m. 2.102 di lunghezza, m. 0,68 di larghezza e m. 0,63 di altezza. Il coperchio a pioventi è munito agli angoli e ai vertici di acroteri. Le sagome molto sobrie erano ravvivate da decorazioni a tempera. Sulla cornice del timpano si vedono palmette rosse con gambi azzurri. Si tratta di un monumento nuovo, non per la forma ma per le decorazioni. Questo bel sarcofago è stato rinvenuto dai fratelli Salomone e acquistato dal Museo di Siracusa. Intorno al 320 a. C. le colline di Vassallaggi furono nuovamente abbandonate per essere ripopolate soltanto nel V sec. d. C. da una comunità cristiana. Di quest’ultimo periodo sono infatti le tombe ricavate nelle grotte preistoriche. La Chiesa Madre fu fondata nel 1633 sul punto più alto del colle che stava di fronte al quartiere più popolato del paese e prospiciente alla via San Nicolò. oggi piazza Madrice. In origine la chiesa fu dedicata alla Natività di Maria Santissima. Verso la fine di quel secolo cominciò a dar segni di lesione per il movimento franoso del terreno sul quale sorgeva. Diventata insufficiente ai bisogni dell’accresciuta popolazione, il marchese Giuseppe Galletti. nel 1727 ne disponeva l’allargamento. Il progetto pare che si possa ttribuire all’architetto Giovan Battista Vaccarini. La facciata di tipo borrominiano presenta due ordini di colonne, col prospetto a lesene accoppiate e vivace coronamento a balaustra. Due ordini di colonne dividono il Tempio in tre navate, a forma di croce. con una bella cupola nel mezzo. Il suolo del Cappellone si eleva sopra scalini con balaustrata marmorea, e sopra altri scalini s’innalza il Sommo Altare.
Lateralmente al Cappellone sorgono due cappelle chiuse con balaustrate marmoree e portine di bronzo a bassorilievo; quella a sinistra per il Divinissimo. e quella a destra per il Patrono San Cataldo. L’organo della Chiesa Madre è opera del celebre artista Michele Andronico da Palermo, del 1745. La facciata del Tempio di pietra da taglio viene decorata da un maestoso campanile che conserva la stessa architettura toscana, con sei campane di bronzo. Il Tempio fu riconsacrato con grande solennità il 9 maggio 1739 da mons. Pietro Galletti, arcivescovo di Catania e dedicato all’ Immacolata Concezione. Le opere di rilievo custodite nella Chiesa Madre sono: un Crocifisso di avorio in unico pezzo al centro di una custodia di scultura romana; un simulacro della Vergine Immacolata, di scultura romana, e la Sua corona gemmata. dono della principessa Perna ravina, moglie del principe Giuseppe Galletti; il corpo di San Clemente; la statua di San Cataldo in’ scultura romana con finimenti d’argento e una crocetta d’oro gemmata, dono di mons. Luigi Giamporcaro, vescovo di Lacedonia e Monopoli: la statua dell’Arcangelo Gabriele in scultura romana; il quadro del SS. Cuore di Gesù, copia pregevole del pittore concittadino C. Riggi; il quadro della Natività di Nostra Signora. pittura di Carmelo Riggi. sull’Altare Maggiore:il quadro di San Gregorio Magno: il quadro del pentimento di San Pietro. dono del can. Cataldo Guarino: la grande sfera d’argento gemmata con altri preziosi arredi: la portantina dorata con quattro fìnissime pitture laterali; la statua di Maria SS. Annunziata, opera del Cardella di Agrigento. L’Oratorio del SS. Sacramento fu fondato da don Ignazio Amico nell’anno 1654 attaccato alla Chiesa Madre.
Nello stesso anno fu fondata in esso la confraternita del SS. Sacramento. In questa chiesa si conservano: la statua del Bambino, opera del Bagnasco; il simulacro del SS. Crocifisso usato per la processione del venerdì santo: un’antichissima via Crueis. La Chiesa dei Padri Mercedari sorse nel 1607 sulle rovine del vecchio Oratorio della congregazione di Sant’Adriano su iniziativa di Nicolò Galletti. barone di Fiumesalato. Fu affidato per un biennio ai padri Agostiniani scalzi, che nel 1676 furono sostituiti dai padri Mercedari scalzi i quali si obbligavano all’educazione dei fanciulli e all’assistenza della comunità ecclesiale. La Chiesa del Patriarca San.Giuseppe sorse sulle rovine dell’Oratorio di San Francesco ad opera dell’arciprete Baldassare Amico nel 1708 e ricostruita nel XIX secolo. Accanto alla chiesa di San Giuseppe sorge l’oratorio ove si riunivano gli iscritti alla confraternita dello stesso santo. La Chiesa del Rosario, fondata nel 1702 dal signor Angelo Amico, fu consacrata nel 1767. L’anno seguente fu istituita la confraternita del Salterio del SS. Rosario. Verso la metà del secolo XIX fu ricostruita dai signori Luigi Baglio. Emanuele Valenti e Giovanni Torregrossa. barone di Pirato. Consta di un’unica navata e guarda verso Ovest. Per la sua posizione. al centro dell’abitato, è una delle più importanti del paese. Le opere di rilievo custodite in essa sono: la statua di San Francesco di Paola, opera del Bagnasco; la statua di Maria SS. del Rosario, opera del Cardella di Agrigento; il quadro di santa Maria Maddalena penitente, opera del sancataldese Carmelo Riggi; un Ostensorio in argento dorato: un’artistica Via Crucis; un calice d’argento lavorato a cesello. Il Convento dei Cappuccini fu fondato nel 1724 per opera del principe Giuseppe Galletti e De Gregorio e dalla moglie principessa Perna Gravina. Esso fu consacrato il 7 luglio 1738 da mons. Pietro Galletti. trovatosi a San Cataldo per l’inaugurazione della nuova chiesa Madre e della chiesa di San Giuseppe. Il Convento dei Cappuccini di San Cataldo si distingueva dagli altri esistenti in Sicilia, oltre che per le opere d’arte che corredavano la cappella. per la ricchissima biblioteca completa di opere teologiche. filosofiche, storiche e scientifiche, fra le quali molti manoscritti e incunaboli. Nel 1866, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, la biblioteca divenne di proprietà del Comune il quale. su richiesta dei canonici Cataldo Pagano e Gaetano Naro, l’affidò alla chiesa Madre (1898), della quale era arciprete il can. dott. Arcangelo Salomone. La Chiesa di Santo Stefano fu fondata nel 1725 dal sig. Francesco Amico e dedicata a San Filippo Neri. Rimase senza consacrazione fino al 1793. La chiesetta, divenuta piccola, fu ingrandita con i fondi raccolti dal sacerdote Milazzo. La nuova chiesa fu ultimata nel 1795, ma rimase senza decorazioni che furono realizzate dal fratello di don Stefano Riggi, Cataldo, il quale chiese ed ottenne la consacrazione il 30 ottobre 1826. In seguito la chiesa fu ulteriormente ingrandita e dedicata a Santo Stefano e a San Filippo Neri. Nel 1817 don Gaetano Riggi fece erigere una cappella che dedicò a Maria Addolorata. Nel 1845 don Rosario Pirrelli fece erigere un’altra cappella dove collocò il SS. Crocifisso che si chiamò Crocifisso dei Pirrelli. In questa chiesa si conservano: il quadro del Sacro Cuore di Gesù del pittore sancataldese Carmelo Riggi; la statua di San Filippo Neri opera del Bagnasco; la statua dell’Addolorata del Bagnasco; la statua di Maria Ausiliatrice; la statua di Maria SS. della Misericordia;il SS. Crocifisso dei Pirrelli.Palazzo-Castello Galletti. Sul primo castello dei baroni Galletti nulla di preciso si conosce, tranne un accenno
nell’opera del Mugnos, di cui riportiamo le testuali parole: “Nicolò Galletti nel partirsi da Pisa, attaccò nel suo palagio un gallo spennato con questo motto di sotto: chi non farà come fo’ io, sarà spennato come il gallo mio. Nacque da lui Lancellotto che sposò Vilolanta de Jaen, la quale gli recò in dote il castello e la baronia di
Fiumesalato”. Di questo castello sito in una collinetta denominata sino a poco tempo fa “quartiere Forca”, rimaneva nel 1836 “un pian terreno ad uso di baglio, un appartamento di nove stanze fatte in rustico, e coperte da dammusi, e tegole con tre finestre ed un balcone, avente nella entrada grande tre officine, che servono
attualmente per uso di carceri di detto Comune. Più due botteghe aggregate a detto Palazzo, una stanza terrana per uso di Bigliardo, e altre parti diroccate, ed nabitabili”. Agli inizi del secolo XVIII il principe Giuseppe Galletti e De Gregorio iniziava nel Piano del Palazzo (oggi Piazza Crispi) la costruzione di un secondo palazzocastello, con una pianta ottagonale; purtroppo la costruzione restò nella fase iniziale per la morte del principe avvenuta il 7 novembre 1751. I lavori non furono continuati dagli eredi. Il pronipote Nicolò Galletti e Platamone, riprendendo l’idea della costruzione di un nuovo-palazzo castello, attratto dalla bellezza di uno spuntone di roccia che si affacciava sullo stradone della Piazza, commissionò ad un architetto palermitano. che aveva progettato e costruito la Villa S. Cataldo di Bagheria, il progetto del nuovo palazzo-castello, a cui fu dato lo stesso stile neogotico della Villa di Bagheria. Tra i personaggi, che diedero lustro al paese, ricordiamo:
Giuseppe Alessi (1905- 2009) studiò a Caltanissetta e a Palermo dove si laureò in Giurisprudenza col massimo dei voti. Su consiglio di Aldisio, si dedicò alla libera professione. È un avvocato di chiara fama nazionale e un ottimo oratore. Fondò e diresse nel 1943 il foglio “L’Unità”. Nell’aprile del 1947 fu eletto deputato all’Assemblea Regionale Siciliana e presidente del gruppo dei deputati regionali della DC. Nel maggio dello stesso anno fu chiamato alla Presidenza della Regione, carica da cui si dimise il 10 gennaio 1949. Fu in seguito senatore della Repubblica. È autore di numerose monografie sui problemi sociali e su argomenti di attualità. Ha ricoperto
la carica di presidente dell’istituto della Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani. Giuseppe Amico Medico (1806-Caltanissetta 1886). Compiuti gli studi a Girgenti, si recò a Palermo dove si laureò in legge. Vice presidente del Comitato di difesa e di sicurezza pubblica. studioso di diritto e di filosofia, rappresentò il Comune al Parlamento siciliano nell’1848. Fece parte del Consiglio provinciale di Caltanissetta che più volte presiedette, occupò uno dei posti più importanti del Foro nisseno e diresse il Consiglio dell’Ordine. Scrisse pregevoli monografie. Pubblicò nel 1860 una storia di San Cataldo con il titolo: “La Comune di San Cataldo”, più volte ristampata.
Egidio Amico Roxas (1880-1947).Giovanissimo frequentò l’istituto di Belle Arti di Palermo e quello di Roma. Di animo piuttosto mite fu aperto alla contemplazione del bello. Dipinse l’aspetto sereno della natura. Ricevette numerosi riconoscimenti. Nella Biblioteca Comunale sono custodite, in una bacheca fatta costruire appositamente, tre ritratti, due diplomi e una medaglia d’oro del nostro pittore. Marianna Amico Roxas (1883-1947), figlia di un ricco proprietario terriero, si distinse per la sua umiltà e bontà d’animo. Nel 1912 fu chiamata a guidare la Compagnia di S. Orsola delle figlie di S. Angela Merici della diocesi di Caltanissetta. In seguito fondò e diresse quella dell’Arcidiocesi di Catania. Si spense in odore di santità.Salvatore Arcarese (1895-1968) uomo di cultura. ancora studente liceale. fu attratto dall’idealismo crociano e
dalla filosofia gentiliana e quando, tra i due grandi pensatori si deteriorarono i rapporti per le differenti posizioni filosofiche, seguì l’idealismo del Gentile. Di animo generoso e franco si dedicò alla sua professione di avvocato con passione e molto impegno cercando di aiutare i meno abbienti patrocinandone le cause anche gratuitamente. Dopo un paziente lavoro di ricerca, scrisse una storia del nostro paese che fu pubblicata postuma con il titolo di “San Cataldo e Sancataldesi” per i tipi della Editrice Nocera. Nicolò Asaro (1920-1973) laureatosi a Palermo in Matematica e Fisica, fu per anni professore ordinario di scuola media e per qualche tempo anche preside incaricato, fino a quando nel 1963 fu eletto senatore della Repubblica nelle liste del Partito Socialista Italiano. Arcangelo Baglio (1853-1904) fu una singolare figura di gentiluomo e diplomatico. Si laureò in legge a soli 18 anni: dopo tre anni si recò a Vienna come segretario di legazione. Fu buon conoscitore di scienza, filosofia, fisica, meccanica, medicina. Parlava correttamente il tedesco, il francese, lo spagnolo, il greco. l’arabo, il turco e il sanscrito. Fece subito carriera. Da Vienna, dove dimorò per circa due anni, si recò a Madrid (si era sposato da poco). poi a Costantinopoli e infine a Copenaghen. Al suo ritorno, vinto dal dolore per la morte di tre dei suoi figli, si ritirò a vita privata e dedicò la sua esistenza alla beneficenza e soprattutto alle colonie alpine per fanciulli gracili.Peppino Bellomo (1884- Paterson 1958), fin da bambino, interrotti gli studi, aiutò il padre nel mestiere di calzolaio. Nel 1908 si recò in America a Paterson dove trovò lavoro come disegnatore presso lo studio del cugino. Studiò architettura presso una scuola serale di Paterson e si laureò nel 1918. Nel 1919 si sposò con la cugina Grazia De Rosa. Insigne architetto, eseguì parecchi progetti tra cui ricordiamo: l’istituto Maria Ausiliatrice di Haledon, la chiesa di San Michele Arcangelo di Paterson. Scrisse anche delle poesie che pubblicò con lo pseudonimo di Pippo Bello. Arcangelo Cammarata (1901-1977) iniziò giovanissimo la sua militanza cattolica. Si laureò in legge nel 1924 all’Università di Palermo, con una tesi su “Sindacalismo e Stato”. Ebbe rapporti anche con mons. G. B. Montini, il futuro Paolo VI, con il quale fu, nel 1927, tra i primi sottoscrittori dell’Editrice Studium. Allo sbarco degli alleati nel 1943, fu nominato prefetto di Caltanissetta su indicazione del vescovo Jacono. Tenne l’incarico per qualche mese, ed ebbe poi la nomina a
commissario all’alimentazione in Sicilia. Aderì alla seconda democrazia cristiana e nel 1946 fu il primo sindaco democristiano di S. Cataldo. Godette della stima e della fiducia del vescovo Jacono. Anche dopo la morte di quest ultimo, continuò ad avere rapporti di piena fiducia con i successori. Fino alla morte fu delegato del vescovo per l’amministrazione dell’ Ospedale “M. Raimondi” di S. Cataldo, carica che mantenne fino alla morte. Nicolò Casale (1776-1820) fu lettore di teologia dogmatica nel seminario di Agrigento, eccellente oratore e ottimo medico. Nei suoi scritti si ammira un sentimento di particolare attaccamento alla libertà del popolo siciliano. Pubblicò nel 1814 le “Lettere di un Giudeo ad un Neofita Cristiano”. Ferdinando Il Re di Sicilia lo aveva destinato ad alti uffici, quando ne apprese l’immatura scomparsa. Augusto Ferdinando Falzone (1886-1965), dopo aver compiuto gli studi classici, fu insegnante di lingua italiana. A 19 anni pubblicò un libro di poesie dai titolo “Primizie”. Nei 1918 lavorò quale corrispondente di lingue estere presso una ditta importatrice ed esportatrice. Nel 1928 fu interprete per l’italiano, il francese, lo spagnolo, l’inglese e il portoghese presso la Corte Generale di New York. Luigi Fascianella (1864-?), uomo dotato di notevole ingegno e di vasta cultura, si interessò sin da giovane dei complessi problemi dell’agricoltura. Fu il primo ad introdurre nelle nostre campagne l’uso di fertilizzanti vincendo la preconcetta diffidenza dei proprietari terrieri contro ogni innovazione, organizzò leghe agricole tra i mezzadri, i braccianti e i piccoli coltivatori diretti per il miglioramento dei loro redditi di lavoro e di produzione degli operatori in agricoltura. Lasciò l’intera proprietà immobiliare alla Curia Vescovile di Caltanissetta con la precisa destinazione di fondare un Ente che promuovesse l’istituzione di un orfanotrofio destinato agli orfani degli agricoltori da avviare, mediante una speciale scuola tecnica di agricoltura, alla sperimentazione pratica della conduzione dei poderi e degli allevamenti zootecnici utilizzati nell’agricoltura.Mons. Pietro Galletti (1667-1757). dopo aver rinunciato al principato di Fiumesalato e al marchesato di San Cataldo, si dedicò al sacro ministero. Fu nominato parroco di S. Antonio a Palermo, in seguito unico e supremo inquisitore per la Sicilia. Fu vescovo di Patti e arcivescovo di Catania. Ritornò a San Cataldo per consacrare la chiesa dei Cappuccini (1738), la Chiesa Madre (1739) e la chiesa di S. Giuseppe. Morì a Catania e fu sepolto nel transetto est della Cattedrale. Mons. Luigi Giamporcaro (1789-1854) fu chiamato da mons. D’Agostino in Seminario come lettore di Sacra Scrittura e direttore spirituale dei seminaristi. Fu eletto vescovo di Lacedonia da Ferdinando Il. In seguito, per i suoi grandi meriti, fu trasferito nella diocesi di Monopoli, dove morì.
Mons. Salvatore Luzio (1870-Roma 1959), modello di virtù sacerdotali, si distinse per la sua profonda conoscenza del diritto canonico. Fu insegnante a Dublino di diritto ecclesiastico. Dopo parecchi anni si recò a Roma dove insegnò diritto canonico. Nel 1906 fu nominato cameriere segreto del Papa. il pontefice Benedetto XV gli affidò una missione estremamente delicata mirante a conciliare il conflitto tra l’irredentismo irlandese e l’intransigenza del governo inglese. Mons. Luzio prese contatto con il capo degli irredentisti, De Valera, inducendolo a trattare con spirito conciliante il gravissimo problema ed ottenendo assicurazione che si sarebbe comportato con elevato senso di responsabilità Francesco Pignatone (1923-vivente) studiò a Caltanissetta e poi a Palermo dove si laureò in lettere con una tesi sulle tradizioni popolari di San Cataldo. Intrapresa la carriera di insegnante l’abbandonò quasi subito. Cattolico fervente, fu presidente diocesano della Gioventù Italiana dell’Azione Cattolica. Eletto tra i primi alla Camera nelle liste della DC., fu il più giovane deputato di San Cataldo (aveva soltanto 25 anni). Ernesto Vassallo (1875-Roma 1940) si laureò in legge all’Università di Roma e si dedicò con successo alla professione di avvocato, ma praticò anche il giornalismo, specializzandosi in politica estera e coloniale. Quale inviato speciale partecipò alla campagna libica. assistette alla guerra balcanica inviando corrispondenze di apprezzato valore. Durante la grande guerra prestò servizio come ufficiale. Deputato per tre legislature, fu sottosegretario agli esteri nel primo governo Mussolini. Fece anche parte della Giunta Generale del Bilancio, della quale fu vicepresidente. il primo marzo 1934 fu nominato senatore.San Cataldo può vantarsi di avere ospitato il Delegato apostolico mons. Angelo Giuseppe Roncalli divenuto
poi papa Giovanni XXIII. È sancataldese la più brava d’Italia. Gabriella Sardo, figlia di un imprenditore sancataldese (è nata il 4-1-1973 a Chivasso, in provincia di Torino, dove il padre si era trasferito per lavoro). ma da bambina residente sempre a San Cataldo. ha frequentato le scuole medie ottenendo ottimi risultati. Nel 1992 si è diplomata presso il Liceo Classico di Caltanissetta con il massimo dei voti. Segnalata dalla preside del suo istituto, nello stesso anno le è stato Luigi Scalfaro, il titolo di “Alfiere del Lavoro” assieme ad altri ventiquattro studenti segnalati in tutta l’Italia. Gabriella Sardo ha ricevuto, sempre in quell’occasione, anche il premio “Angiola Maria Migliavacca Domenico Garavoglia”. Laureatasi con 110 e lode in Lettere Classiche. presso l’Università di Palermo, insegna ora lingua e letteratura italiana e latina nelle scuole superiori. L’economia del comune di San Cataldo si basa essenzialmente sull’agricoltura, estesa alla zootecnia e all’avicoltura, a cui fanno capo iniziative che aprono la via ad altre attività, come la produzione di diversi tipi di mangime. l’assistenza tecnico-sanitaria degli allevamenti, i trasporti organizzati, la trasformazione dei prodotti. la produzione di attrezzature agricole e su un artigianato in forte espansione. Negli ultimi quarant’anni a San Cataldo sono state prese iniziative economiche da gruppi che producono manufatti in cemento amianto e cloruro polivinile rigido. Negli ultimi venti anni è storta la Editrice Nocera, il cui apporto fondamentale è stato quello di stimolare ricerche e interessi culturali, distinguendosi per le sue interessanti pubblicazioni. Opera a livello regionale e nazionale. Un impulso vitale ha avuto in questi ultimi anni il settore del commercio, anche se agli inizi di questo secolo non mancarono iniziative promozionali di industrializzazione dei prodotti del suolo. Infatti, nel 1912, sorsero due stabilimenti industriali: “La Grazia” che produceva semola e “La Mercede” che produceva pasta.